Scelgo la speranza

Notte. Mi rigiro tra le lenzuola nell’inutile ricerca di un punto del letto che sia un po’ più fresco. La luna, fuori, è un faro: mi abbaglia, mi ferisce gli occhi, mi scava dentro e non mi fa dormire. 

Non è evidentemente una buona notte per nessuno. Nella stanza vicina rumori inequivocabili mi parlano di sonno che non arriva: fruscio di lenzuola, sospiri, un lieve cigolio del letto ad ogni movimento. Rimango in attesa e raccolgo le forze. 

Dopo l’ennesimo sospiro ecco il primo singhiozzo. Mi alzo e senza accendere la luce, a tentoni, raggiungo l’altra stanza. Non faccio in tempo a sedermi sul letto che una mano mi afferra e mi ritrovo sulle ginocchia la testa di Anna che immediatamente scoppia in lacrime. Non dico nulla, lascio che si sfoghi mentre le accarezzo piano i capelli. 

Quando smette di tremare le chiedo: “Che succede, tesoro?”, anche se dentro di me conosco già la risposta. 

“Ci stanno imbrogliando, papà!”

“Che vuoi dire?”  rispondo.

“Ci dicono sempre che abbiamo tutta la vita davanti, ma non ci dicono mai quanto durerà!”

“Tesoro, non lo sa nessuno! Come potrebbero dircelo?”

Va avanti come se non mi avesse sentito: “Anche mio fratello aveva tutta la vita davanti. E anche mamma, anche se aveva un po’ di anni in più”

“Amore, nessuno poteva prevedere quell’incidente. Che cosa ti viene in mente?”

“Nulla, solo che è tutto così ingiusto! Siamo semplicemente condannati a invecchiare e morire e qualcuno addirittura a morire senza nemmeno invecchiare. Che senso ha?” dice, scoppiando nuovamente a piangere. Questa ragazzina è sempre stata molto più avanti della sua età, ma – accidenti! – ora non so più come rispondere. 

Cerco qualche appiglio, magari qualche memoria scolastica. Certo, se avessi seguito con maggiore attenzione le lezioni del povero prof. Parise, magari adesso avrei qualche base filosofica in più per controbattere, invece così non ho speranza… aspetta, com’era quella frase di Seneca…? Scegli la speranza o qualcosa del genere.

Qualche ricordo riaffiora e mi ci aggrappo con tutte le mie forze, come un naufrago al suo pezzo di legno. Tento un approccio un po’ bislacco, ma potrebbe funzionare: “vedi, tesoro, non è che possiamo vivere per sempre…”

Mi pento subito della mia scelta. La voce di Anna ora è quasi un ruggito: “Luca aveva solo tre anni! Nemmeno sapeva cosa volesse dire vivere o morire. Per lui per sempre aveva la durata di un pomeriggio con gli amici dell’asilo!”

La determinazione mi prende: “Per ognuno di noi per sempre ha un significato diverso: per tuo fratello era lo spazio di un bel momento, per me è quanto ancora mi verrà dato da vivere, per te è tutto, ma non necessariamente tutto deve significare molto.”

Alla luce della luna i suoi occhi ora mi guardano fisso, ansiosi di speranza. Continuo. 

“La nostra vita è un momento, più o meno lungo. Anche se è triste pensarlo, prima o poi ce ne andremo tutti. Ma il senso del tutto non è semplicemente esistere: il senso a questa esistenza lo dobbiamo dare noi. Mamma ha studiato, ha viaggiato, si è innamorata, mi ha sposato, abbiamo avuto due figli meravigliosi. Purtroppo la sua esistenza è stata interrotta molto prima di quanto noi due potessimo immaginare e sperare, ma tutto ciò che ha fatto – che ha desiderato fare – l’ha realizzata, l’ha resa viva e – in qualche modo per noi – immortale, perché senza di lei tu non ci saresti e io non sarei quello che sono. La morte non è il compimento finale, la morte fa parte del meccanismo e alla fine, anche se ti può sembrare assurdo, ci rende vivi.”

Mi accorgo di aver messo in fila tutto il discorso senza quasi prendere fiato. 

Anna mi guarda, attonita, ma ancora non è convinta: “E allora Luca? Cos’ha realizzato lui? Vedi che alla fine è solo la morte ad essere la regina di tutto?”

Il ricordo di Luca mi brucia dentro ma ricaccio indietro le lacrime: 

“Luca era troppo piccolo per realizzare qualcosa, se non darci felicità. Ed è ciò che ha fatto: ci ha resi felici, immensamente. Ti pare poco? Per quanto breve possa essere stata la sua esistenza è stata un’esplosione di gioia. È stata vita. La morte potrà pure essere la regina di tutto, ma, per dirla tutta, credi che una regina vorrebbe restare senza sudditi?”

“Cosa vorresti dire?” mi chiede, stupita. 

Riprendo coraggio: “Esattamente quello che ho detto: la morte non può tutto. Non può toglierci la gioia che abbiamo provato, non può modificare i momenti felici, non può rimuovere dalle nostre vite ciò che esse sono state.
Non può e non vuole, perché se con la nostra morte si azzerasse tutto nessuno la temerebbe più e una regina senza sudditi non avrebbe alcun senso di esistere.”

Ora lo sguardo di Anna buca l’oscurità: “quindi la vita e la morte si bilanciano? Quindi è una questione di… equilibrio?” ha quasi timore a pronunciare la parola.

“Esatto! La morte esiste perché esiste la vita, così come il buio esiste perché esiste la luce. Se spegniamo momentaneamente la luce non smettiamo di credere nella sua esistenza, vero?”

Annuisce, mentre le sue mani si rilassano tra le mie. Non sarà l’ultima volta che affronteremo l’argomento, ma un passo l’abbiamo fatto. Forse è solo un altro passo, ma è ancora un altro passo. 

Anna mi abbraccia stretto, sento ancora le sue guance rigarsi di lacrime, ma non è più disperazione quella che le bagna gli occhi: è sollievo. Lo stesso che provo io. 

Ora ricordo perfettamente anche la frase di Seneca: “Soppesa, quindi, speranza e paura, e quando tutto sarà incerto, favorisci te stesso: credi a ciò che preferisci. Anche se il timore avrà più argomenti, scegli la speranza e metti fine alla tua angoscia“. 

Il prof. sarebbe quasi fiero di sapere come me la sono cavata. 

Sì è alzata un po’ di brezza, Anna finalmente scivola verso il sonno, mentre il suo respiro si fa sempre più profondo.

C’è ancora una notte da percorrere, ma la luna ora è un faro che ammicca dalla spiaggia e mi guida su una rotta sicura, fuori dalle scogliere delle mie paure. 

Almeno per questa notte.

2 risposte a “Scelgo la speranza”

  1. Mi sono commossa…nasceva il mio primo nipotino.. Facevo la spola tra il reparto maternità dove si respirava felicità e il reparto dove si respirava dolore e morte. In contemporanea ho vissuto l’inizio e la fine… Ho pensato tanto, pianto di gioia e pianto di dolore… Ma quei giorni hanno dato un senso al mio percorso e tu adesso me lo hai riproposto. Grazie

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